Teatro

SPECIALE RFF 2014 'Untitled Keith' quando il teatro ha molto da dire

SPECIALE RFF 2014 'Untitled Keith' quando il teatro ha molto da dire

La compagnia Teatro Jump porta in scena Untitled Keith (quello degli omini) un testo - di Valentina Papis e Saverio Trovato che calcano anche le scene e firmano la regia - dedicato a Keith Haring, l'artista pop statunitense famoso come graffitista e writer.
Lo spettacolo ha un approccio ludico e (auto)ironico nel raccontare la vita di Haring traendo spunto da alcuni nuclei tematici della sua arte, che, come arte di strada, voleva arrivare a quel pubblico che normalmente non mette piede nei musei.

Gli esordi dell'artista, la sua amicizia con Madonna e Wahrol, la sua passione per i ragazzi, la difficoltà di avere una storia affettiva duratura, l'impegno politico nel gruppo Act up, persino la sua morte, a 31 anni per aids, sono tutte occasioni di riflessione e di spettacolo.

In scena oltre Haring, interpretato da Saverio Trovato, ci sono gli omini del titolo, che compaiono molta della produzione dell'artista, vera cifra stilistica di Haring, interpretati da Valentina Papis, Fabio Bergamaschi e Matteo Bertuetti,  che, vestiti dalla testa ai piedi di una tuta dai colori sgargianti (rosso, giallo e blu), perdono i connotati umani e in quanto omini assumono diverse identità.

Dai poliziotti che arrestano Haring graffitista ancora poco conosciuto a Veronica Ciccone prima dei successi di Like a Virgin, dagli avventori di discoteca  ai suoi amici gli omini di Haring sono la gente che Haring ha conscoiuto durante i suoi viaggi artistici (come il bambino di Pisa che lo guardava estasiato che a lui fosse concesso disegnare sui muri).

Personaggi interpretati col solo ausilio di qualche elemento di costume (una parrucca, un wonderbra, una cintura) e di scenografia: un appendiabiti a stilo diventa di volta in volta vagone della metro, la pista della discoteca, il luogo appartato dove Haring viene concupito da tre avventori; la cornice dalla quale e attraverso la quale Haring si rivolge direttamente al pubblico,  con l'ausilio, a seconda dei casi, di una sfera riflettente, una pianta, una cornice appesa allo stilo dell'appendiabiti.

Lo sguardo che lo spettacolo ci offre su Haring e gli altri personaggi del jet set è disincantato, elegiaco ma anche buffo col quale si cerca di corrodere l'aspetto di facciata, commerciale e da mercato, e mostrare le debolezze e l'esser comune anche dei personaggi noti.

La passione di Haring per i ragazzi (anche quelli del pubblico) è restituita nello spettacolo senza malizia con un candore e una giocosità sorprendentemente insoliti per il nostro paese senza farne la cifra tematica dello spettacolo ma senza nemmeno relegarlo nel mero dato biografico

Ne scaturisce una visione senza sovrastrutture vicina a un certo sentire dell'infanzia tutt'altro che ingenua o superficiale, che è uno dei temi sul quale l'Haring in scena insiste e col quale lo spettacolo si apre.

La ricerca di verità, la possibilità da parte del pubblico di leggere nell'opera d'arte i significati più reconditi cui l'artista stesso non ha magari mai pensato, senza per questo scadere nel qualunquismo ermeneutico,  diventano nella drammaturgia le coordinate etiche ed estetiche con le quali orientarsi in uno spettacolo che chiede allo spettatore di partecipare alla costruzione del significato del racconto, nel quale tutto è suggerito e niente è illustrato,  complice anche alcuni momenti metateatrali (l'incipit con la bambina in scena che, durante una recita dedicata a Haring, si lamenta della seriosità dei musei; la distribuzione in platea di una bibliografia su Andy Wahrol nel momento in cui compare in scena).

Un teatro sorprendentemente vivo ben scritto ben diretto e ben interpretato da una compagnia giovane (costituitasi da poco) che sale sul palco con una urgenza di dire sincera e genuina, ben lontana dal narcisismo di chi sale sul palco per dire io.

E scusate se è poco.

 

Roma Fringe festival 2014 - Untitled Keith (quello degli omini)